La missione di Amanda

Amanda ha venticinque anni, tante cose da dire e nessuno con cui parlarne. Vorrebbe avere un’amica, un fidanzato o entrambe le cose, ma di amici non ne ha mai avuti e l’unico ragazzo a cui si sia avvicinata è rimasto un what if, una possibilità remota di felicità bloccatasi ad uno scambio furtivo di sguardi. Tornata in Italia da Parigi al termine degli studi universitari, Amanda passa le giornate a non fare niente perché «troppo impegnata a non fare niente», come le rimprovera la madre: le sue uniche attività si limitano al passeggiare tra i campi sperduti della campagna e a trovare un cavallo che ricorda lontanamente Zietto di Pippi Calzelunghe. Lontana dalla tradizionale eleganza della casa di famiglia, la ragazza vive in uno spoglio monolocale. L’unica sua confidente è la governante e quando il loro rapporto verrà vietato dalla madre (desiderosa che la figlia trovi un amico della sua età) Amanda proverà a riallacciare i rapporti con Rebecca, misantropa ed agorafobica coetanea, figlia di un’amica di famiglia.

Gli adulti, agli occhi di Amanda, sono tutti apatici: troppo lontani da lei, risultano incomprensibili sia negli atteggiamenti sia nel linguaggio. Sui genitori inizialmente addossa tutte le colpe della sua attuale situazione: il lavoro che le hanno offerto non fa al caso suo ed il motivo per cui mancano coetanee nella sua vita risale al trasferimento della famiglia in un’altra città, quando Amanda era ancora una bambina.

Amanda non è cortese: è irriverente, pungente, sputa sentenze senza rendersi conto che non è l’unica ad essere sola. La madre, la sorella, Rebecca e perfino la nipote di otto anni sono tutte creature immensamente infelici, pianeti lontani anni luce tra di loro che cercano di andare avanti con la vita, negando in parte i propri problemi. Un primo passo verso una maggiore comprensione dell’esistenza dei drammi altrui arriverà tramite l’incontro con Rebecca, prima brillante atleta, ora chiusa nella sua stanza da più di un anno: Amanda (dopo un iniziale conflitto) si atteggerà ad eroina e proverà a salvarla. Impareranno, insieme, a fare tutte quelle cose cui hanno rinunciato troppo a lungo: giocare a beer pong o far scoppiare i petardi saranno dunque non soltanto delle attività da semplici ventenni, ma la conquista di una dimensione di normalità che nessuna delle due, senza l’altra, avrebbe mai raggiunto se non parzialmente.

L’universo maschile, tuttavia, resta ancora un dilemma per Amanda: suo padre, da una parte, è quasi inesistente e non ha altri ruoli se non quello di spettatore delle grottesche discussioni delle donne di famiglia durante le cene in villa; dall’altra, Amanda non è in grado di comunicare con il ragazzo a cui è interessata perché incapace di comprenderne gli atteggiamenti.

In una storia raccontata tra le decorazioni rococò di decadenti ville borghesi, fabbriche abbandonate sedi di rave di musica techno e l’impersonale cemento delle case di design, la scelta delle ambientazioni esprime nel mondo esterno ciò che caratterizza i personaggi più intimamente: Amanda vaga a lungo in campagna come vaga nella vita, senza sapere dove andare o cosa fare nel tragitto dalla raffinata casa di famiglia al suo angusto appartamento; Rebecca è invece chiusa in una grigia scatola di cemento che Viola, sua madre, tenta di colorare attraverso costosi quadri d’arte contemporanea.

Con uno sguardo – e non solo uno – all’estero (innumerevoli sono i rimandi alla cinematografia d’oltreoceano e non), Carolina Cavalli esordisce come regista al 79esimo Festival di Venezia con un film quasi completamente al femminile, alternando luci al neon a tinte calde, battute graffianti a confessioni che fanno capire che, dopo tutto, Amanda non è poi così scontrosa come vuole sembrare. Dopo alcune sceneggiature per serie TV e miniserie, Cavalli osa nel suo primo lungometraggio ponendo di fronte alla telecamera un personaggio decisamente fuori dalle righe.

L’originalità di Amanda sta nella sua grottesca comicità, nelle sue atmosfere da western miste a commedia, con sfumature di dramma esistenziale unito ai tratti tipici delle storie di formazione. Gli adulti, inizialmente apatici, assumono via via più sfaccettature, escono dal piattume in cui erano reclusi e crescono con Amanda, che oltre a guadagnare un’amica riesce a comunicare con la madre e la sorella e, finalmente, a trovare il suo posto nel mondo.

A cura di Claudia Maria Baschiera