L’arrampicata di Allegra per raggiungere la vetta più ripida: riscoprire sé stessa

Allegra è una ragazza vivace, spensierata e vitale, che trascorre il suo tempo a Lugano circondata da amici con cui condivide la sua più grande passione, ovvero l’arrampicata in montagna. Oltre che nella propria famiglia, Allegra ritrova una seconda casa nel ragazzo Benni, nell’amica di sempre Sofia e nel suo ragazzo, Sandro. Le escursioni frequenti esauriscono in poco tempo le mete del Canton Ticino da esplorare e, infiammato dall’adrenalina, il gruppo di amici decide di spingersi oltre, avventurandosi in una spedizione estrema in Marocco, nei monti dell’Atlante.

Quando gli amici che la accompagnavano rimangono vittime di un attentato terroristico, quella che Allegra voleva essere una spedizione memorabile e coraggiosa si trasforma nell’incubo più doloroso della sua vita. Nonostante l’impotenza e l’innocenza di Allegra di fronte all’accaduto, quanto successo diviene per lei un mostro che la annienta, alimentando il senso di colpa che la logora nella sua solitudine.

La perdita straziante degli amici, il senso di colpa ed il lungo percorso di riabilitazione, fisico e non solo, compongono un dialogo melodico con le contrapposizioni di Allegra, complici la protezione di una comunità, un padre che vede con sospetto l’esterno e la storia Arad, che con la sua musica e le sue cicatrici rappresenta la possibilità di ripensare il pregiudizio.

Niccolò Castelli, alla sua prima prova da regista in un palcoscenico di respiro nazionale, decide di raccontare la storia di Allegra partendo dalla sua Lugano, dove è nato e cresciuto, per esplorare tramite gli occhi della protagonista una realtà esotica e misteriosa, metafora di un viaggio interno incompiuto e doloroso. La sua narrazione, drammatica e cupa, si concentra sul volto della protagonista – Matilda De Angelis, tanto giovane quanto celebre e talentuosa – inseguendola letteralmente nel corso della narrazione, spesso con una camera a mano, e scrutandone tutte le diffidenze, paure e insicurezze, restituendo allo spettatore un ritratto serio e appassionante.

L’esperienza di Castelli alla regia, seppur limitata e ancora acerba, incontra il suo talento e restituisce una realizzazione tecnica notevole, celebrata in particolare dalla fotografia e dal montaggio, che arricchiscono la componente drammatica. Le sequenze di arrampicata, paesaggistiche e descrittive, regalano momenti intensi, da brividi, dipingendo nel film una sacralità della natura che riflette il tormento di Allegra, tanto fragile quanto affascinante.

A cura di Alessandro Benedetti