Buongiorno, notte: l’immaginazione non ha mai salvato nessuno

«Gli uomini fanno molto meno di quello che potrebbero fare. Se si impegnassero al massimo delle loro possibilità il mondo sarebbe diverso. Invece ci sono alcuni che fanno sempre la stessa cosa e poi all’improvviso vogliono cambiare il mondo con un colpo di pistola, ma non si accorgono che la loro vita, quella di tutti i giorni, è lo zero assoluto». Sono le parole con cui Enzo, giovane col desiderio di diventare uno scrittore, dipinge i brigatisti alla sua amica Chiara, inconsapevole che la ragazza faccia parte proprio del gruppo terroristico che aveva appena rapito Aldo Moro.

In effetti nessuno potrebbe pensare che Chiara, grigia impiegatuccia di un ministero, possa aver organizzato, insieme ad altri tre compagni, il sequestro del presidente della Democrazia Cristiana. Eppure, in seguito all’acquisto di una casa insieme a un marito fittizio, la donna veste i panni della carceriera di Moro, tenuto prigioniero dai brigatisti in un bunker dietro a una libreria di un finto studio.

Marco Bellocchio ripercorre gli eventi del celebre rapimento che sconvolse la classe politica italiana alla fine degli anni Settanta e fu la svolta nella lotta contro il terrorismo armato. Il punto di vista è quello di una giovane ragazza, di cui viene analizzato il dubbio crescente che farà progressivamente crollare le sue certezze ideologiche. Mentre infatti Chiara continua a condurre la propria esistenza borghese inizia a chiedersi se la scelta di eliminare Moro sia giusta. La ragazza avrà solo un contatto col politico, poco prima della sua esecuzione, ma durante tutta la prigionia lo osserverà dallo spioncino sulla porta della sua cella, diaframma che si frappone fra lei e il simbolo di quello Stato che i brigatisti vogliono colpire. Dietro Moro, emaciato nel volto, brilla la stella della bandiera rossa dei terroristi.

È la lettura di un libro a far vacillare le convinzioni di Chiara. Si tratta delle Lettere di condannati a morte della resistenza italiana, che suo padre, partigiano comunista, le leggeva da piccola. Centododici partigiani, catturati dai nazifascisti, sanno che a breve saranno giustiziati da un plotone d’esecuzione o uccisi dalle barbare torture cui erano sottoposti. Scrivono alle madri, ai padri, agli amati e ai figli le ultime lettere di congedo alla vita. Testimonianza preziosa di una stagione ancora viva nella memoria dell’Italia della fine degli anni Settanta, le Lettere dei condannati a morte sono la voce di uomini e di donne libere, consapevoli del dovere della libertà e del prezzo che essa comporta.

Anche Aldo Moro, prigioniero a causa di un’altra ideologia deviata, oltre a rivolgersi invano ai potenti della politica italiana, scrive delle lettere dolcissime ai propri familiari e quando Chiara leggerà l’ultimo messaggio del presidente, indirizzato alla moglie, capirà di aver varcato la soglia e di essere diventata un’assassina. Peccato che il verdetto di Moro sia già stato deciso dai rappresentati della giustizia proletaria e che per lui non ci sia possibilità di salvezza. Almeno nel piano della realtà.

Enzo, l’amico di Chiara già critico nei confronti dei brigatisti, aveva scritto infatti una sceneggiatura intitolata Buongiorno, notte, in cui una giovane terrorista partecipa a un sequestro ma progressivamente prova orrore davanti alla possibilità dell’omicidio politico e si infuria con sé stessa per essere stata così cieca. Chiara l’aveva giudicata assurda e inverosimile, commentando che l’immaginazione non aveva mai salvato nessuno e che la realtà è tutta un’altra cosa.

Di certo l’immaginazione non è bastata a salvare Aldo Moro. Eppure Bellocchio si apre allo spazio della fantasia e, di fianco al binario della realtà, ne fa correre uno dell’utopia, in cui è bello e possibile immaginare che Moro, proprio grazie a un tardivo pentimento di Chiara, sia riuscito a fuggire dalla propria prigione e a far ritorno a casa. Lì, «volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli», avrebbe potuto baciare e accarezzare ancora una volta i suoi cari.

A cura di Mattia Rizzi