C’eravamo tanto amati: a volte ritornano

«Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano» cantava Venditti in una delle sue canzoni più famose che, se volessimo renderla ideale manifesto del film di Scola del 1974, potrebbe intitolarsi invece Amici sempre. C’eravamo tanto amati non è, infatti, una storia
d’amore tra due personaggi, ma una storia d’amicizia e di rimpianti, un inno all’Italia che cambia dopo la guerra e una pura celebrazione del cinema come possibilità di salvezza.

Ci sono Antonio, Gianni e Nicola, tre amici ex-partigiani ed estremamente diversi tra loro, e c’èLuciana, indecisa tra tre possibilità, tre futuri alternativi con ognuno di essi. È difficile scrivere qualcosa di nuovo su un capolavoro così significativo e rappresentativo della storia del cinema italiano, sul quale si sono espressi innumerevoli critici e testate specializzate. Guardare oggi, però, nel 2023, un film del genere fa quasi lo stesso effetto di ascoltare la canzone di Venditti sopracitata: una nostalgia per qualcosa che non si è vissuto, un misto di tristezza e desiderio per i tempi andati, il mistero e la resa verso qualcosa che non tornerà.

Gli stessi personaggi provano continuamente questi sentimenti, mentre li guardiamo invecchiare e farsi cambiare dalle circostanze e dalla società: confessano i loro pensieri e passioni nascoste in un tempo sospeso, come nell’opera teatrale Strano interludio a cui assistiamo all’inizio, si rifugiano in set cinematografici reali o immaginari, “lasciano o raddoppiano” quotidianamente con Mike Bongiorno in sottofondo, si ritrovano dopo anni solo per poi lasciarsi di nuovo.

Il finale è infatti la parte più sorprendente del racconto, lo scontro definitivo con la realtà che si cercava di allontanare. Una sera Gianni e Nicola rincontrano dopo 25 anni Luciana, ora sposata con Antonio, fuori da una scuola elementare dove tante famiglie si sono riunite per protestare chiedendo il diritto all’istruzione (non più il cinema come scuola, ma la scuola reale, quella vera).
Qui Gianni confessa alla donna, senza alcun tempo sospeso né silenzio drammatico né illuminazione teatrale, di non aver mai smesso di amarla in tutti gli anni che hanno trascorso lontani.

Ma lei, invecchiata e disillusa, lei che voleva fare l’attrice sul set de La dolce vita, non crede più ai grandi amori, alle storie immaginarie, alle favole del cinematografo; gli dice che sono cose passate, che è spostata con dei figli ora. Alla fine di tutto, soltanto Gianni, che può permetterselo, si tuffa nella piscina della sua villa da milionario e può continuare a vivere nel passato perché il presente non gli crea problemi, mentre tutti gli altri si allontanano in un boh collettivo, una conclusione ambigua, semplice ma aperta verso il futuro.

A cura di Emma Onesti