Chiamami col tuo nome: innamorarsi d’estate
Il garofano rosso dei socialisti e la foglia d’edera dei repubblicani scintillano sui cartelloni appesi ai muri. Le canzoni di Loredana Bertè e di Franco Battiato riempiono le sale dei bar. «Da qualche parte nel Nord Italia» due ragazzi si innamorano nelle campagne assolate della pianura padana.
È l’estate del 1983 ed Elio, adolescente talentuoso, si invaghisce di Oliver, studioso americano in visita dal padre del ragazzo, professore di Archeologia. La loro relazione nasce nascosta entro le mura di una splendida villa nel cremasco, non dissimile da quelle che Guido Gozzano mise in versi nelle sue poesie. Tra alberi carichi di albicocche mature e con il sottofondo perpetuo del frinire delle cicale, il microcosmo protetto dal giardino della casa è il terreno fertile per porre le radici di un legame speciale.
Un rapporto che cresce in un ambiente colto, animato da cene poliglotte e nutrito da dissertazioni etimologiche, in cui l’eros incontenibile che infiamma la relazione tra i due si traduce presto in una tenera e totale condivisione degli affetti: quando si è innamorati si può addirittura chiamare l’altro con il proprio nome, in una completa corrispondenza sentimentale.
La storia d’amore tra i due amici-amanti ha poi alle spalle l’archetipo dotto della pederastia greca – non sarà un caso che in Mystery of Love, colonna sonora del film, si faccia riferimento proprio ad Alessandro Magno e a Efestione – e si muove entro una dimensione fluida, così come sembra suggerire il costante richiamo all’elemento idrico: l’onnipresente fiume, il fontanile della casa, il locus amoenus di Elio e le acque cristalline di Sirmione, da cui emerge una statua dalla bellezza efebica.
Del resto anche i luoghi circostanti sembrano proprio rispecchiare la relazione tra Elio e Oliver, che si può esplicitare solo di notte, nella segretezza delle stanze, o tra i filari di una campagna deserta, in cui ci si può scambiare qualche bacio furtivo al riparo da tutto. Infatti sarà nella solitudine dei boschi di Clusone, e non più solo nell’intimità sussurrata, che i due avranno il coraggio di gridare il loro amore reciproco scambiandosi ancora una volta i propri nomi, che si mescoleranno al fragore delle acque delle cascate del Serio.
Però – lo cantava già Ornella Vanoni – «come l’estate / anche l’amore / dura soltanto / poche ore» e il sogno di una relazione che si proietta nel futuro si spegne con il canto delle cicale. Chiamami col tuo nome si chiude d’inverno in un paesaggio completamente trasformato: la bella campagna cremasca si è coperta di neve, sotto la cui bianca coltre è soffocata anche la possibilità di costruire qualcosa di duraturo tra i due amanti. Restano accese solo le fiamme del camino, davanti a cui Elio si commuove ripensando alla storia passata, che sembrano però fare luce a un avvenire ancora tutto da scoprire.
A cura di Mattia Rizzi