Coup de chance: amori parigini dalle tinte noir

Un immenso appartamento nel centro di Parigi; una casa d’asta con pregevoli oggetti artistici; un cottage in campagna; un parco dai colori autunnali: ecco alcuni degli angoli scelti da Woody Allen per muovere i fili del suo cinquantesimo lungometraggio. Per l’occasione il regista non solo ha voluto rivestire la sua creazione con l’usuale patina europea che caratterizza la maggior parte dei suoi film, ma ha scelto di calarsi del tutto nella capitale parigina, tanto da realizzare per la prima volta un’opera completamente in lingua francese.

Coup de chance mette in scena, come da titolo, il tema della sorte, e lo fa affidandosi al classico schema del triangolo amoroso. Al centro di questo intreccio troviamo Fanny, giovane e affascinante donna sposata con il ricchissimo Jean, un uomo d’affari che si occupa di «rendere ancora più ricchi gli uomini ricchi». A fare da contraltare a questo sofisticato personaggio, compare sulla scena Alain, il terzo vertice del triangolo. Proprio come portato dalla fortuna, non lo vediamo nemmeno arrivare: come Fanny, anche noi sentiamo dapprima solo la sua voce stupita quando la incontra per strada, riconoscendola dagli anni del liceo. Alain è spontaneo e nostalgico, un aspirante romanziere innamorato della vita, affascinato dalla potenza della sorte. Ed è naturalmente antitetico sotto ogni aspetto a Jean che, da autentico faber fortunae suae, la propria fortuna se l’è costruita, anche a costo di utilizzare mezzi non del tutto leciti. Fanny si ritrova così nel mezzo e non oppone resistenza né alla visione sognante del primo, né alla concreta presa di posizione sulla realtà del secondo.

Questi gli elementi alla base di un lungometraggio di non facile definizione: uscendo dalla sala si ha la consapevolezza di aver assistito a un buon film, ma non si sa dire se si tratti di una dramma romantico con elementi noir, se sia un thriller pervaso da un forte tono ironico o se sia una commedia con risvolti polizieschi. Allen crea un’opera basata sulla contaminazione fra i generi, che tuttavia non sfocia mai nella confusione: intreccia una trama piacevole i cui colpi di scena maggiori sono affidati non tanto agli elementi thriller, quanto più alle sferzate ironiche, che contribuiscono alla restituzione di un’immagine umoristica della borghesia parigina attuale.

I richiami alla produzione passata sono evidenti: il ruolo della sorte, il sovrapporsi di misteri e una relazione fedifraga sono dominanti già nel celebre Match Point (2005), nel quale però la dimensione thriller diventa più importante. Anche la celebrazione di Parigi non è insolita per il regista: in Midnight in Paris (2011) Allen ha espresso una prima dichiarazione d’amore alla capitale francese che in Coup de chance è stata pienamente ribadita: «Vedo Parigi attraverso occhiali color rosa», ha affermato in un’intervista, «quindi mostrare Parigi e i personaggi parigini in modo affascinante e farne una storia di omicidio è ciò che mi interessava».

La cinquantesima pellicola di Allen certamente intrattiene, ma invita anche alla riflessione, senza però imporla. Il regista ci presenta due visioni opposte della realtà: è un miracolo o è ciò che i più forti fra noi hanno stabilito? La vita va colta così com’è, con stupore, o va manipolata e piegata al proprio volere? Le sorti dei due portavoce ideologici costituiscono in qualche modo una risposta e noi vi assistiamo con il solito sorriso (e plauso) che Woody Allen sa strappare.

A cura di Margherita Mortara