E domani il mondo intero?

La narrazione cinematografica si è spesso rifugiata nel cinema di genere per creare grandi metafore politiche: dall’horror alla fantascienza, moltissimi gli esempi possibili e tanti i capolavori assoluti. E domani il mondo intero invece non prende scorciatoie, muovendosi tra le crepe più profonde dell’Europa contemporanea. Quando si oltrepasserà il limite? Quando alcuni comportamenti non saranno più accettabili? Quando la violenza diventerà l’unica soluzione? Dal film emergono più domande che risposte (che comunque non mancano).

La scelta del titolo Und morgen die ganze Welt è esplicita citazione di un verso della poesia Es zittern die morschen Knochen (Le ossa marce tremano) di Hans Baumann, scelta nel 1935 come inno dalla Reichsarbeitsdienst (forza armata ausiliaria della Germania Nazista). In particolare:

Wir werden weiter marschieren / wenn alles in Scherben fällt / denn heute da hört uns Deutschland / und morgen die ganze Welt.

Continueremo a marciare / quando tutto cade a pezzi / perché oggi la Germania ci sente / e domani il mondo intero.

È come se Julia von Heinz volesse fin da subito gridare che c’è un mondo che sta cadendo a pezzi, che c’è una voce forte e non curante e che quella voce accompagna una marcia non intenzionata a fermarsi. È Luisa a percepire fino in fondo la portata di quella minaccia. All’inizio del film studia legge, anzi eccelle in quel campo che rende possibile una convivenza democratica. L’incontro con Batte la introduce nell’Antifa (Azione Antifascista), ma se dapprima partecipa pacificamente, non impiega molto a lasciarsi attrarre dal richiamo delle frange più violente. Nasce così la relazione con Alfa e Lenor che la vedono trasformare, azione dopo azione, in un’altra persona.

Quello a cui assistiamo è un bildungsroman controcorrente, ma non per questo involutivo. Lo spettatore finisce inevitabilmente per prendere il punto di vista di Luisa, in un climax crescente che culmina tenendo letteralmente sotto tiro i nazisti. La visione ci induce a desiderare di fermare lo scempio, salvo poi, forse, farci venir voglia di sfogarsi, di prendere qualcosa e scaraventarla via. Anche il pubblico, quindi, è chiamato a un percorso di formazione che però, fortunatamente, avviene al sicuro, in quella palestra di emozioni che è il cinema.

Un film realistico, ma non imparziale, dove è evidente l’intento di mostrarci la storia contemporanea e finzionale di un estremo contro l’altro. La violenza dilaga quotidianamente nelle strade e se le forti tensioni vengono ignorate, la deflagrazione appare inevitabile. Le famiglie, i cittadini, i lavoratori restano così fuori, inquadrati dall’esterno e protetti dalle finestre di una casa, dal legno di una staccionata o dal cemento delle colonne di un parcheggio.

Ma la domanda continua ad essere: se non ora, quando? Fortunatamente il tempo è ancora dalla nostra parte, gli scontri dopotutto sono ora solo “un palcoscenico per esibizionisti”. Questo non vuol dire che non sia importante riflettere, anche in maniera estrema. E perché allora non supportare un cinema esplicitamente politico? Perché non ritornare ad affrontare di petto le grandi contraddizioni del nostro tempo? L’operazione di Julia von Heinz non verrà certo ricordata per la maestria tecnica, ma dalla Germania l’allarme è chiaro: se domani il mondo intero?

A cura di Andrea Valmori