Enter the Void: nel tunnel di un’anima

«Io voglio fare un film che dia alla gente che assumeva LSD le allucinazioni di quella droga, ma senza allucinazioni. Io non voglio somministrare realmente LSD, io voglio fabbricare l’effetto di quella droga»: così dichiarò in un’intervista un regista controverso come Alejandro Jodorowsky riassumendo la percezione che voleva trasmettere al suo pubblico. Un’idea di cinema che potrebbe essere paragonata anche al modus operandi di Gaspar Noé. Perché Enter the void è senza ombra di dubbio una delle esperienze cinematografiche più allucinatorie e psichedeliche prodotte finora.

Oscar e sua sorella Linda vivono nell’abbagliante Tokyo, dove le luci a neon alimentano l’atmosfera stupefacente delle vicende che coinvolgono i personaggi. Oscar è uno spacciatore vittima dell’abuso di droga, Linda una spogliarellista in un night club. Una notte la polizia sta per incastrare Oscar, il quale viene tragicamente ferito da un colpo di pistola. Il suo spirito, a cavallo tra la vita e la morte, ripercorrerà vertiginosamente le tappe fondamentali della sua vita. Gaspar Noé, regista e sceneggiatore, esprime tutta la sua libertà artistica anche grazie a un oneroso budget che ha permesso notevoli virtuosismi e scelte stilistiche azzeccatissime per restituire un’esperienza estremamente sensoriale.

Lo spettatore rimane letteralmente assuefatto da una proposta visiva che riproduce incredibilmente trip e viaggi mentali di un realismo surreale e di un surrealismo realistico. Sembrerebbe un paradosso, ma l’utilizzo preponderante della soggettiva e di numerosi piani sequenza permettono di definire questo film come cinema puramente sperimentale, totalmente immersivo, e soprattutto molto credibile per quanto riguarda il viaggio di un’anima incastrata in un limbo. Infatti, sono note le vicende legate alle interviste raccolte dallo stesso regista, in ascolto di persone rimaste in coma, le quali hanno raccontato di esperienze palpabili vissute nei meandri della propria mente prima del risveglio.

In questo tunnel vorticoso, Oscar ripercorre insieme allo spettatore gli eventi più tragici e floridi della sua vita, legati alla perdita dei genitori in un incidente stradale, ma anche connessi all’amore eterno, indissolubile, sanguigno con sua sorella Linda, consolidatosi proprio grazie a questa sofferenza condivisa. Le tematiche che il regista vuole imprimere sul grande schermo si fanno, dunque, piuttosto chiare: l’amore e la morte. Una morte che sembra acquisire un senso ultimo grazie alle semplici, e mai banali, manifestazioni d’amore donate agli altri, malgrado un’esistenza oscura, sofferente, estremamente confusionaria. È inevitabile perdere la propria innocenza nel mondo dipinto da Gaspar Noé in cui l’uomo affoga nei propri peccati e spesso rimane incastrato nella morsa stringente della droga, destabilizzato da continui conflitti esistenziali.

D’altronde anche nel suo ultimo film Vortex, presentato a Cannes nel 2021, con una straordinaria prova attoriale di Dario Argento, Noè rimarca l’idea della morte, di un ritorno al proprio passato da dove si fatica a fuggire, dal presente tragico, il tutto tenuto ben saldo da un amore che aleggia sempre nell’aria e che ci conferisce speranza. Per citare una battuta proprio di Vortex, «il cinema è come un sogno». A conferma del fatto che il suo è un cinema di corpi, dove lo spettatore sognante si immedesima perfettamente nei suoi personaggi, li incarna, sentendosi così incredibilmente attivo nell’esperienza visiva, grazie alla maestria di un regista discutibile ma indubbiamente capace di maneggiare il mezzo audiovisivo. Per questo motivo, non è tanto importante quanto Gaspar Noé divida la critica internazionale, bensì quanto i suoi film risultino sempre interessanti, estremi e coinvolgenti a tal punto da far fatica a distogliere lo sguardo dallo schermo. La verità, infatti, è che in pochi di voi vorranno risvegliarsi dai sogni di Gaspar Noé!

A cura di Matteo Malaisi