Fellini degli spiriti: cento anni dopo ed è ancora così attuale
Al termine del 2019, quando incoscienti e inconsapevoli andavamo incontro all’annus horribilis, i telegiornali nazionali iniziarono a pubblicizzare un grande evento dedicato a Federico Fellini tenuto nella sua Rimini, in occasione dei cento anni dalla nascita. Per quella circostanza, la città romagnola si sarebbe ornata a tema per omaggiarlo. Poi una pandemia mondiale ha deciso di stravolgere i piani e tutto è andato diversamente. Tuttavia, però, qualche luce è rimasta accesa: è il documentario Fellini degli Spiriti, diretto da Anselma Dell’Olio, in cui sono stati raccolti filmati di repertorio, spezzoni di cinema felliniano e interviste a conoscenti, amici, attori e registi che hanno ammirato e studiato l’opera di Fellini.
Il ritratto che emerge del regista è, in realtà, quello che ci aspettavamo. Già Alberto Sordi, grandissimo amico di Fellini, dipinse questo riminese come un sognatore, che voleva fare il cinema da quando aveva vent’anni e che era ancor prima autore di tantissime frottole: «È un grandissimo bugiardo, forse il più bugiardo del mondo. Però, oh… Federico c’ha ‘na capoccia così!’» e questa descrizione è confermata dal documentario.
Dall’opera emerge un uomo amante della psicologia, in particolare di Carl Gustav Jung, di cui apprezzava gli approfondimenti esoterici e alchimistici, che a dirla tutta esulavano abbastanza dal carattere scientifico della psicoanalisi. Ed in fondo era proprio questo che affascinava Fellini: il paranormale. Fondamentale in questo senso la conoscenza di Gustavo Rol, sensitivo italiano in grado di compiere vere e proprie prodezze extrasensoriali, da cui Fellini si faceva abbindolare. Ora, senza entrare nel merito della questione, sappiate che secondo Piero Angela quest’uomo era un ciarlatano. De gustibus.
Al termine del documentario, anche i più scettici, coloro che non hanno mai capito i suoi film (ma che si vergognano a dirlo), muteranno idea iniziando a comprendere la filosofia del cineasta. La rappresentazione di viaggi onirici, al confine tra la psicoanalisi spicciola e il mondo fantastico, può suggerire una lettura diversa della sua filmografia, smettendo per una buona volta di cercarne il significato e fermandosi a contemplarla.
Fellini voleva volare sopra il mondo, navigando tra le nuvole, contemplando il cielo e la terra. Ma dal momento che lui non poteva farlo, lo ha fatto fare ai suoi personaggi. Dal documentario emerge, infatti, una forte vena autobiografica. La stessa che si può riscontrare sia ne La Strada (in cui le affinità con il protagonista erano talmente profonde da farlo cadere in depressione), sia in Amarcord, nei I Vitelloni e nello stesso 8½. E poi il rapporto con la moglie, che amò profondamente per cinquanta lunghi anni nonostante l’avesse diretta nella maggior parte dei suoi film. Nel 1994, la notte in cui la donna morì, una sua compagna di reparto raccontò di aver visto in sogno Federico Fellini che era venuto a riprendersela. Insomma, come si dice in questi casi, fu la chiusura del cerchio.
A cura di Alessandro Randi