Habemus Papam: il coraggio della rinuncia

Un grido di dolore interrompe il celebre annuncio dell’«habemus papam». È il lamento del nuovo pontefice che non riesce nemmeno ad affacciarsi alla loggia della Basilica di San Pietro, lacerato da una sofferenza angosciante che gli preme sul petto. L’abbraccio della piazza del Bernini si riempie e si svuota di fedeli in attesa del Santo Padre. Il rito del conclave che aveva rinchiuso ancora una volta gli elettori nella Cappella Sistina si era appena concluso. Lì, sotto le volte affrescate, meditabondi e con le mani inanellate, i porporati avevano compilato le schedine per eleggere il nuovo papa, il cardinale Melville, che però non era pronto a sobbarcarsi quel peso sulle spalle.

Nel dover gestire una situazione del genere, i cardinali decidono quindi di chiamare uno specialista. Certo, è abbastanza grottesco immaginare che la Chiesa, nonostante il suo tradizionale scetticismo, si rivolga proprio a uno psicanalista come il professor Brezzi. Eppure la suggestione dell’equivalenza tra lo psichiatra e il prete, entrambi intimi “confessori”, non stride, perché ritorna spesso entro l’immaginario morettiano. La seduta del pontefice, che da privata diventa un secondo conclave, risulta però poco fruttuosa. Brezzi, fallita la diagnosi, si ritroverà dunque anche lui prigioniero della Santa Sede e, in attesa di futuri sviluppi, cercherà di distrarre sé stesso e i nuovi coinquilini organizzando un piacevole torneo di pallavolo tra i cardinali. Mentre però i porporati si divertono con uno psicanalista giullare e sono ignari che il pontefice sia fuggito dal Vaticano, un uomo sta vivendo la propria crisi interiore. Nell’elezione a papa spetta solo agli elettori – e a Dio, per chi ci crede –  la nomina del successore di Pietro. Talvolta però il peso della scelta è insostenibile: non dona forza e consapevolezza ma schiaccia e confonde.

Nanni Moretti tratteggia la fragilità e la solitudine dell’essere umano, qui rappresentato dal vertice della Chiesa occidentale, che viene dipinta stanca e immobile. Di fronte a situazioni di forte crisi psicologica, talvolta si è costretti a compiere delle scelte di abbandono, le quali non sono sinonimo di debolezza ma frutto di atti coraggiosi, nati dalla consapevolezza dei propri limiti. Il cardinale Melville era conscio infatti che la Chiesa avesse bisogno di una guida con la forza di portare grandi cambiamenti. Un ruolo che egli però non avrebbe potuto sostenere poiché eccessivamente oneroso. Il papa mancato avrebbe ritrovato la serenità solo grazie all’incontro inaspettato con una compagnia di attori, riscoprendo il valore terapeutico dell’arte teatrale.

Quando nel febbraio del 2013 Benedetto XVI rinunciò al ministero petrino, rinnovando un evento poco praticato nella storia della Chiesa ma dalla straordinaria potenza mediatica, per molti spettatori sarà stato naturale pensare ad Habemus Papam, uscito nelle sale solo due anni prima. Alla consumata domanda su quanto l’Arte sia in grado di leggere i tempi, anticipandoli e mettendoli in scena prima che questi si verifichino, Nanni Moretti non ha dato una risposta. Il regista ci ha però consegnato qualche spunto di riflessione che si è poi rivelato non così lontano dalla realtà.

A cura di Mattia Rizzi