Halloween: il film che condannò il genere horror alla mancanza di logica

Per chi non lo sapesse, Halloween è il film alla base di tutta la cinematografia horror dagli anni ’70 in avanti. Per questo motivo, un appassionato del genere non può prescindere dal guardarlo. Sarebbe come se un amante dei classici non conoscesse l’Iliade o l’Odissea. Diretto da John Carpenter senza fondi, tant’è che la protagonista, Jamie Lee Curtis, guadagnò solo 8.000 dollari, la pellicola fu accolta dal pubblico positivamente, fino ad incassare ben 70 milioni.

Tante sono le citazioni e tante le scene che poi saranno riprese da altri registi. Il film, per esempio, si apre con l’omicidio di una ragazza, che, come potrete immaginare appunto perché è diventato un cliché, stava avendo un rapporto sessuale. In più, cosa che ritroveremo anche in Scream, il primo personaggio ha letteralmente vita breve: appare, viene ucciso e scompare. Sempre in questa scena iniziale e iniziatica, la casa all’interno della quale l’omicida vuole entrare ci viene presentata dal suo punto di vista, con un piano-sequenza in soggettiva, e l’omicidio viene commesso indossando la maschera di un clown. Altro particolare diventato un classico: la casa diventa disabitata e, per gli abitanti della città, stregata.

Ma il punto centrale è probabilmente la totale mancanza di logica. È una cosa su cui si è spesso dibattuto: all’interno dei film horror, i protagonisti non usano mai la logica. Sembra quasi che sia la vittima a cercare il suo angelo della morte: Laurie, la protagonista, durante la notte di Halloween sente dei rumori strani provenienti dalla casa dell’amica e, al posto di fare la cosa più ovvia, cioè chiamare la polizia, che fa? Va a controllare da sola. Una volta arrivata sulla soglia, ovviamente, non accende la luce. Poi, nella lotta contro l’assassino, lo disarma per due volte, e in entrambi i casi lascia il coltello per terra, al posto di tenerselo stretto. Infine, gira sempre le spalle al pericolo, tanto che lo spettatore, spazientito, finisce per inveire contro il televisore, urlando: «Ma allora te le cerchi!»

D’altra parte, notiamo che lo stesso Carpenter ha saccheggiato a sua volta da altre opere: in primis, il movimento del coltello nell’omicidio iniziale è lo stesso che troviamo in Psyco di Hitchcock; poi un tocco autoreferenziale, o meglio un segno premonitore: durante la notte di Halloween, Laurie e Tommy, il bambino a cui fa da babysitter, guardano The Thing from Another World, prodotto da Howard Hawks. Lo stesso Carpenter girerà, nel 1982, un film chiamato The Thing, ispirandosi proprio all’opera di Hawks. Infine, la presenza stessa di Jamie Lee Curtis è un richiamo a Psyco, dal momento che Carpenter la scelse per scopi puramente commerciali dopo aver scoperto che era la figlia di Janet Leigh: «Far recitare Jamie Lee sarebbe stata una grande pubblicità per il film perché sua madre aveva recitato in Psyco».

Halloween, come tanti altri nella storia del cinema, testimonia che il vero talento non si vede quando la casa produttrice ti riempie di soldi, ma quando la casa produttrice proprio non esiste e devi scervellarti per risparmiare sui piccoli dettagli. Tutto il film è montato magnificamente, la tensione non abbandona mai lo spettatore, anche grazie all’incredibile quanto semplice colonna sonora, creata dallo stesso Carpenter. Per sottolineare la normalità all’interno dell’anormalità, le ragazze chiacchierano di sesso, parlano di feste, si lamentano dello studio, fumano canne: insomma, al giorno d’oggi Halloween rimane un buon film da guardare con gli amici, nell’omonima notte, mentre nella casa a fianco stanno uccidendo qualcuno.

A cura di Alessandro Randi