Huesera: l’orrore della maternità
L’esordio alla regia di Michelle Garza Cervera pone al centro della storia Valeria, una ragazza che scopre di essere rimasta incinta ed è tormentata dalla consapevolezza di non possedere alcun istinto materno. Il suo conflitto psicologico viene esplicitato da una messinscena da incubo. Valeria, infatti, subisce spesso delle pene corporali da un’entità sinistra e nascono in lei i dubbi sulla volontà di diventare madre, sull’amore per il suo partner e sul desiderio di ottemperare ai doveri familiari.
Il film di Garza Cervera è un body horror, in cui forse si sarebbe potuto osare di più, ambientato a Città del Messico, che, secondo i commenti della regista, si presenta come «un luogo pieno di contrasti e contraddizioni». Inserito coerentemente nel contesto del folklore messicano, Huesera mostra l’incoerenza legata ai falsi ideali di felicità, in primis a quello sentirsi obbligati a instaurare rapporti coniugali con l’unico fine di “metter su famiglia”. Questa prigione emotiva e sentimentale di Valeria dà vita ai fantasmi sempre vivi nell’abisso dell’animo umano, capaci di logorarci fisicamente e psicologicamente, sfociando in esternazioni fulminee in grado di fare terra bruciata intorno a noi, come nella scena in cui, in preda a una crisi, Valeria incendia la culla di legno costruita da lei stessa per la figlia.
I momenti che la ragazza trascorre con i suoi familiari, apparentemente armoniosi e luminosi, sono motivo di soffocamento e di buio interiore, al contrario dei momenti cupi e terrificanti che provocano in Valeria un certo senso di libertà, a tal punto da riesumare desideri di un amore omossessuale represso e la sua volontà di andare a studiare all’università. Michelle Garza Cervera condensa queste tematiche racchiudendole nel profondo terrore della maternità; tema che è stato trattato anche in Rosmary’s Baby di Roman Polanski ed Eraserhead di David Lynch (in quel caso, terrore della paternità).
Huesera urla al mondo la necessità di porre attenzione nei confronti della società tradizionalista che impone alle nuove generazioni valori non più condivisi; società troppo spesso attaccate avidamente alle proprie ideologie, non sempre legittime o etiche (come la Storia ci insegna), con il pericolo di creare maggiore incomunicabilità e conflitti generazionali.
A cura di Matteo Malaisi