Gli occhi come linguaggio immortale dell’amore e della paura

Ian Gray è un giovane dottorando, laureato in biologia ed affascinato dagli occhi in ogni loro aspetto, declinazione, colore e struttura. La sua ricerca scientifica, così come il suo tempo libero, sono interamente dedicati allo studio dell’evoluzione biometrica dell’occhio. Lo studio dell’occhio umano ed animale ha un obiettivo ben preciso, ovvero dimostrare l’inesistenza di Dio grazie alla ricostruzione della catena evolutiva dell’occhio stesso. Un progetto ambizioso e coraggioso che, non appena sembra essere giunto al culmine, si scontra con imprevisti dolorosi. E se gli occhi raccontassero molto più dell’anima che dell’evoluzione? La morte e la nascita si intrecciano in un turbinio di sguardi, dove la ricerca di una risposta scientifica non colma la domanda spirituale ma illumina nuovi orizzonti.

Il film propone, in un dialogo tra due mondi comunemente ritenuti inconciliabili, quello appartenente alla scienza, caratterizzato da regole, procedure e modelli che riconoscono la verità solo come frutto di un sapere calcolabile, e quello spirituale, guidato dall’istinto umano di ricercare nella realtà le risposte alle domande dell’anima, quesiti irrisolti e difficilmente misurabili. Mike Cahill riconcilia questi mondi in modo superbo, restituendo ad entrambe le indagini autorevolezza e fiducia, senza in alcun modo attaccarle o intaccarle ma facendole cooperare verso la ricerca di un’unica strada, quella del sapere.

La pellicola è densa di emozione, pathos e sentimento, una storia drammatica che si ritorce nella continua tensione del momento. La fotografia brilla, come il film, di emozione e colore, accendendo il racconto in modo naturale e spontaneo, senza ricercare una declinazione stilistica che allontani dal racconto. Un film riuscito e interessante, capace di trasportare lo spettatore e la sua immaginazione generando una continua attenzione e passione.

La trama porta con sé alcuni momenti irrisolti, alcuni passaggi poco chiari e forse prematuramente superati lasciando lo spettatore con il dubbio, l’insicurezza di cosa è stato e cosa avrebbe potuto essere. La narrazione corre veloce e dimentica di delineare i dettagli dei personaggi, ne trascura la storia per riportarne le emozioni. Un film vivace nonostante la sua natura drammatica, una vicenda inverosimile ma densa di speranza, un racconto tragico che apre le porte ad un nuovo modo di guardare la vita.

A cura di Alessandro Benedetti