La metamorfosi del cigno: viaggio nella psiche di una ballerina, dall’età dell’innocenza alla maturità
Le dolci note del Lago dei cigni si trasformano in un incubo ad occhi aperti per l’étoile di una compagnia newyorkese. Nina Sayers vorrebbe essere tutto ciò che sua madre non è mai riuscita a diventare: una prima ballerina. Ma le pressioni esterne e la feroce competizione tra le allieve premono sulla fragile personalità della protagonista, già minata dal morboso rapporto con la madre e con sé stessa. Nina sviluppa quindi una seconda pelle, squamosa e ispida, che coincide con il doppio personaggio che dovrà interpretare. Cigno bianco e cigno nero si fondono in lei e la conducono in un vortice di deliri e allucinazioni dal quale faticherà ad uscire.
Il quinto lungometraggio di Darren Aronofsky ci svela il dietro le quinte di un teatro, la fatica e le sofferenze che si celano al di là del tendone del palco e che spesso vengono mascherate dal candore e dall’innocenza di una professione come quella di ballerina. La compagnia diventa una giungla dove sopravvive solo il più forte, anche a costo di passare (letteralmente) sul cadavere dei compagni. In un gioco fra prede e predatori si combatte per il posto più ambito – quello di prima ballerina – e, si sa, la guerra non risparmia nessuno. Non a caso, Nina sembra non avere amiche all’interno del gruppo. La vediamo sempre sola, a ripassare incessantemente la coreografia per paura di non risultare abbastanza agli occhi del pubblico e soprattutto del direttore, il severo Thomas Leroy. All’inizio Nina sembra essere la più adatta ad impersonare Odette, la protagonista del balletto di Čajkovskij. La parte sarebbe già sua se dovesse solo vestire i panni del cigno bianco – dolce e puro come lei è sempre stata –, ma il ruolo è complicato proprio perché richiede che ci sia anche la sua controparte Odile, il sensuale e spietato cigno nero. Nina dovrà scendere a compromessi e ad un oscuro patto con il diavolo per ottenerla. La discesa negli inferi comincia superando l’età dell’innocenza, nella quale Nina sembra vivere da sempre. La prima scena si apre nella cameretta di una bambina, tutta rosa e piena di pupazzi, e su un letto immacolato dove dorme una donna troppo grande. Fin da subito si nota la strana relazione che hanno le due donne della casa: la madre è totalmente ossessionata dalla vita della figlia e cerca di controllarne ogni aspetto; viceversa, Nina vive con la paura di deluderla e in uno stato di perenne ansia da prestazione nei suoi confronti. Questa situazione la porta a sviluppare una sorta di sindrome di Peter Pan: una condizione per cui gli adulti in fuga da una realtà dolorosa spesso si rifugiano in una regressione ai giorni spensierati e felici della fanciullezza. Se il primo atto rappresenta l’infanzia di Nina, la seconda metà del film racconta la pubertà e gli anni delle prime volte. Prima Thomas e poi la sua rivale, la bellissima ballerina Lily, la spronano a scoprire sé stessa e la vita al di fuori delle pareti della sua stanza. La portano all’estremo, da un lato facendola ingelosire con la paura di cedere la sua parte ad un’altra e dall’altro con un mix di alcol, droga e sesso. La formula funziona, tanto che il rapporto tra Nina e la madre comincia ad incrinarsi non appena la sua bambina mette il naso fuori da quella bolla che aveva meticolosamente costruito attorno a lei. Come qualsiasi adolescente, Nina si ribella e vuole prendere in mano la sua vita. Le tinte si fanno più cupe, la linea che separa la fiaba dalla vita reale si assottiglia sempre di più. Il suo corpo – stremato da tanti anni di autolesionismo e sacrifici – si sdoppia mentre il cigno nero comincia ad impossessarsi di lei. L’ultima parte del film coincide con il debutto dello spettacolo e con il raggiungimento della maturità della protagonista. La Nina che vediamo sul palco, di fronte ad una platea pronta a giudicare tutte le sue (im)perfezioni e a sua madre – la più critica di tutte –, è finalmente una donna. Forte come il demone che ha liberato dentro di sé, ma altrettanto fragile come la ballerina di cristallo del suo carillon. Quale cigno avrà la meglio?
Il film colpisce per la forza dei suoi contrasti. Il candido mondo della danza classica si trasforma in una guerra all’ultimo plié, mentre una giovane ballerina vive dentro di sé un conflitto tra bene e male al limite dei confini dell’essere umano. Dimenticatevi la favola che vi veniva raccontata da bambini, questo Lago dei cigni è tutta un’altra storia.
A cura di Gloria Sanzogni