La maledizione della prima donna
Per strutturare la sua nuova love story, Paul Thomas Anderson decide di partire dall’atmosfera gotica e misteriosa con la quale Alfred Hitchcock avvolse il suo capolavoro del 1940, Rebecca – La prima moglie; un film dove l’amore tra i due protagonisti veniva ostacolato dall’emergere, sempre più concreto, dei segreti legati alla defunta “prima moglie” del ricco ed aristocratico Maxim de Winter. Anche Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis) nasconde i suoi pensieri ed il suo passato. Esso non giace però tra le pareti della sua dimora, ma tra le mura fortificate che proteggono il suo corpo: i suoi abiti. All’interno dei vestiti che realizza vi sono semplici frasi, piccole formule magiche, mentre all’interno di quelli che indossa, all’altezza del cuore, il feticcio del fantasma che lo tormenta e lo coccola: la madre.
È un film di segreti e maledizioni Il filo nascosto. Quella che ruota attorno all’abito nuziale e, ancor di più, quella che costringe il protagonista stesso ad essere uno “scapolo impenitente”. Nei fatti invece è l’ossessione edipica nei confronti della defunta madre ad influenzare la sua vita, i rapporti con tutte le donne che lo circondano e, in maniera ancora più evidente, con le sue amanti. L’insofferente sorella ha provato, come poteva, ad occupare quel ruolo ma solo Alma (Vicky Krieps) sembra essere determinata a prendersi cura totalmente del corpo e della mente del suo amato. Lo vediamo sin dal primo incontro tra i due.
Lui è un uomo egocentrico, affamato, un non-uomo, un bambino, certo molto forte, aggraziato, alto e geniale, ma pur sempre un bambino. Vorace come il personaggio di un manga giapponese (Goku, Naruto, Rufy, ecc.), divora una quantità di cibo del tutto insignificante per lui che, in realtà, si ciba di cose ben più importanti, i sentimenti delle persone che gli stanno accanto. Lei invece è semplice, con un po’ di pancia (come piace a lui), amorevole e, soprattutto, attentissima a soddisfare i suoi bisogni. Accetta immediatamente di togliersi il rossetto e i vestiti, di concedere il proprio corpo e le proprie misure.
È solo però nel momento in cui l’interesse di Woodcock nei suoi confronti sembra svanire, nella stessa maniera in cui si è dissolto con le sue precedenti amanti, che emerge un altro dei segreti a lungo celati, in piena vista, da Paul Thomas Anderson. Ella infatti nasconde una natura forse ancor più individualista della sua controparte. Il suo desiderio di entrare totalmente nel mondo del suo amato è ossessivo e senza scrupoli. Se all’inizio dimostra il suo amore mostrando un infinito rispetto per il suo lavoro da stilista e togliendo a forza un suo vestivo da una donna che, a detta loro, non se lo meritava, successivamente decide addirittura di avvelenarlo per fargli comprendere che egli ha bisogno delle sue cure e del suo amore. È proprio in quel momento che Alma riesce definitivamente ad avvicinarsi, sostituendo lo spettro della madre. Esso appunto non viene scacciato, la maledizione non è cancellata, il “vissero felici e contenti” rimane impensabile. Sono cambiati gli attori ma non i ruoli.
Qui, contrariamente a ciò che accade nell’ultimo, simile per certi versi, film di Paul Thomas Anderson, Licorice Pizza (2021), il finale non segna un’evoluzione personale dei due protagonisti ma solo quella del loro rapporto di coppia, la quale si reggerà adesso, su un equilibrio tanto sottile, quanto pericoloso. Parallelamente, se la coppia formata da Maxim de Winter e la nuova signora de Winter possono, dopo aver abbandonato ogni legame con “la prima moglie”, costruire un futuro insieme, ne Il filo nascosto, la nuova coppia di sposi non ha guarito le ferite del loro passato, ma le ha solo lenite, con il veleno.
A cura di Enrico Nicolosi