Una seconda gioventù

Benjamin Braddock è il rampollo di un’agiata famiglia della borghesia americana. Tornato a casa dopo aver finito il college, è tallonato dai parenti e dagli amici dei genitori, tutti curiosi di sapere cosa abbia in mente per il suo futuro. Alle prese con le aspettative degli adulti e con la torrida estate che lo separa dal suo avvenire, Ben trova conforto nella figura della signora Robinson, la moglie del socio di suo padre, con la quale inizia una relazione clandestina. L’incomunicabilità con l’amante e la conoscenza della figlia dei Robinson, Elaine, lo porteranno in rotta di collisione con la vecchia generazione.

La pellicola uscì in America nel dicembre 1967, pochi mesi dopo Gangster Story, e quasi due anni prima di Easy Rider – nettamente il più esplicito dei tre –, assieme ai quali si pose come espressione della controcultura, nonché dello stile dell’emergente New Hollywood. A restituire il clima di impossibilità comunicativa tra le generazioni sono le musiche di Simon & Garfunkel, che rendono palpabile l’alienazione di Ben, interpretato da un debuttante Dustin Hoffman. Nonostante tutto gridi «rivolta giovanile», a partire dal contesto cinematografico del periodo, fino alla stessa tagline del film, che recita «Questo è Benjamin. È un po’ preoccupato per il suo futuro», non siamo ancora propriamente nel Sessantotto.

Infatti è stato da molti osservato come la figura di Ben non sia propriamente quella di un rivoluzionario, ma quella di un giovane che “semplicemente” ambisce al libero arbitrio. Nella stessa direzione va soprattutto il personaggio della signora Robinson. Anzi, si potrebbe asserire che al netto dell’età – fattore ovviamente non trascurabile – sia lei la vera e propria protagonista del film, cercando di incarnare lo spirito della pellicola. È lei, infatti, a cercare più di tutti una seconda gioventù, che possa liberarla da quel mondo maturo in cui era dovuta entrare anzitempo, data una gravidanza in giovane età. È paradossale come la figura maggiormente rivoluzionaria in un film che apre le porte al 1968 sia quella di un adulto: il film costruisce una parabola coerente e verosimile a quello che è un rapporto giovanile tradizionalmente inteso, fatto da corteggiamento, sesso, primi screzi e gelosia. Che per lei e per il suo sogno ci sia ancora uno spiraglio?

Purtroppo, le luci della ribalta e il ruolo da protagonista non le appartengono. Non è tanto Ben a rubarle la scena ma è il Tempo stesso, che le presenta il ragazzo come suo araldo, prima di chiuderle definitivamente la porta in faccia. L’aspetto temporale domina la pellicola esternamente, lasciando presagire l’imminenza del Sessantotto, che concede ormai solo l’illusione di potersi riavvicinare alla gioventù; ma domina anche internamente. Se la relazione tra la Robinson e Ben è costruita da tempi dilatati e dinamiche coerenti, quella tra lo stesso Ben ed Elaine – che porta all’isteria della madre, in un’ambivalenza di protezione e gelosia – è costruita solo in virtù del contrappasso. Il loro amore non ha giustificazioni, viene alimentato dalle opposizioni della signora Robinson e si manifesta nel colpo di fulmine più meccanico e studiato mai visto. La loro unione avviene perché lo necessitano i tempi che corrono, ma non per questo non ha una sua potenza.

Ciò che ha determinato il successo della pellicola, e che soprattutto ne ha conservato l’effetto, è stata la capacità di parlare non solo ad una generazione in senso culturale – quella degli anni Sessanta all’epoca – ma in maniera specifica di rivolgersi ad una generazione in senso strettamente anagrafico. La lunghezza d’onda con cui comunica il film sono studiate per essere captate appieno solo da una certa fascia di pubblico, ma a prescindere dalle coordinate spazio-temporali – e in modo specifico culturali – dello spettatore. La pellicola vive di una giovinezza perpetua, portando a compimento l’utopia generazionale della signora Robinson. Nichols continua ancora – e soprattutto – oggi a chiamare nuove leve ad un’indipendenza e solidarietà spontanea e sovversiva, non avulsa da quell’inconsapevolezza che lascia intravvedere nel finale, attraversi i sorrisi inscrutabili dei ragazzi.

A cura di Alessandro Cricca