Io sono Li: tra precarietà e poesia
«Qu Yuan è il poeta più importante della tradizione antica cinese. Viene celebrato facendo galleggiare candele e lanterne sulle acque dei fiumi. Si dice che servano a proteggere la sua anima, che ancora vive in quelle acque».
L’incipit scelto da Andrea Segre per Io sono Li anticipa un profondo ragionamento sulle tradizioni, le origini e la cultura locale minacciate dall’irrompere della modernità con il rischio di una perdita di punti di riferimento e la precarietà di non avere in mano il proprio futuro. Siamo nell’Italia del 2011 post crisi economica e da una caotica fabbrica tessile della Capitale, l’immigrata cinese Shun Li viene trasferita in una piccola osteria di Chioggia frequentata da pescatori.
L’arrivo di Li a Chioggia è emblematico: Segre fotografa un cambiamento climatico improvviso, con un gioco tra luce e oscurità che sarà colonna simbolica portante all’interno del film. Dai vetri dell’autobus bagnati da gocce di pioggia, Li scorge la laguna veneta in perfetta sincronia con l’arrivo del sole, da Oriente, lasciandosi Roma e il suo grigiore alle spalle. Il trauma del trasferimento non è quindi legato alla nuova destinazione, ma alla drammatica precarietà in cui la protagonista è costretta a vivere.
La denuncia del regista va verso un fenomeno poco noto e molto radicato all’interno della comunità cinese italiana: lo sfruttamento lavorativo per debito. In Italia Li si trova bene, lavora duramente non per sostentarsi ma per saldare il debito che ha verso la comunità. È una vita in attesa della «notizia», il via libera dei vertici all’arrivo regolare di suo figlio in Italia. È un’esistenza vacillante che riprede però speranza con il suo arrivo in Veneto, dove, nonostante la difficoltà nel lavorare in osteria, nel capire il dialetto e nel relazionarsi alla piccola e chiusa realtà dei pescatori, riesce a riportare alla memoria le sue origini.
Due luoghi agli antipodi del globo vengono così uniti dalla memoria, dal ricordo dell’infanzia e del lavoro paterno. È a Chioggia che Li incontra anche un amico, non casualmente soprannominato il Poeta, anche lui immigrato e solo, l’unico ad avere la sensibilità di cercare di conoscere la protagonista e soprattutto di non vederla come qualcosa di transitorio. Il pericolo di una permanenza oltre il tempo concesso, di un legame che non può esistere è avvertito tanto dai cinesi quanto dagli italiani. Alla luce che risplende sui due protagonisti in laguna, si oppone l’oscurità e la nebbia delle piccole vie della città e delle imposizioni.
L’accettazione della propria condizione permette a Li di vivere la vita che da sempre aveva desiderato, di riabbracciare suo figlio, ma il tempo non è stato con tutti tanto cortese.
A cura di Andrea Valmori