La mazurka del barone: quando una prostituta viene scambiata per una santa

La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone è uno di quei film che, se non ci fosse internet, si troverebbe solo su Iris, Rai Movie o Rai 5 in una serata di zapping. Nessuno, di sua sponte, lo acquisterebbe, ammesso che sia reperibile un dvd. L’opera si perde tra le tante altre in cui prendono parte Ugo Tognazzi e Paolo Villaggio. Tuttavia, nonostante sia un lungometraggio di fattura modesta, in qualche modo riesce a sorprendere lo spettatore, con una profondità del tutto inaspettata.

In principio fu una leggenda. Correva l’anno 726 d.C., quando «il mangia rane» Liutprando, a comando delle sue truppe, assediò la penisola italica. Nel suo cammino di devastazione, la città romagnola di Bagnacavallo ebbe particolare sfortuna, perché nell’attraversarla il re longobardo era particolarmente di buon umore. Infatti, estasiato dalla bellezza di una delle abitanti, la afferrò come il leone fa con la gazzella e insieme ai gregari ne approfittò. La povera donna, in seguito all’evento sventurato, si arrampicò su un albero di fico, dove prima partorì e poi morì. Da quel momento, l’albero fu considerato dagli abitanti locali luogo sacro, tanto da essere meta di pellegrinaggi per i successivi 1300 anni.

C’è un però. Quando, in vista delle Olimpiadi tedesche del 1936, il Duce Benito Mussolini dovette selezionare i giovani balilla da mandare a rappresentare la nazione, scelse tra gli altri tale Anteo Pellacani, bagnacavallese, corridore eccellente destinato a far parlare di sé. Come segnale di buon augurio, i suoi compaesani pensarono di farlo salire sul fico poco prima della partenza, così da essere protetto dalla Santa durante le sue imprese olimpiche. Caso, fortuna, fato o provvidenza di Dio vollero che, appoggiando il piede su uno dei rami del fico, Anteo cadesse e si spezzasse la gamba. Le Olimpiadi saltarono. Ma la più grande disgrazia per il giovane fu l’accorciamento di circa dieci centimetri dell’arto e la conseguente claudicanza fino alla morte. Da questo evento sfortunato, Anteo (Ugo Tognazzi) scatenò tutta la sua violenza contro il prossimo, sentendosi condannato al disonore eterno e ai rimpianti.

Ormai invecchiato e incattivito dalla emarginazione sociale, passò la vita a fare i dispetti agli altri. A un certo punto tentò anche di rapire il Papa, con il quale ebbe un intenso rapporto epistolare fatto di maledizioni e scomuniche reciproche. Era temuto da tutti e considerato una vipera. Dal canto suo, gran parte del suo odio era riservato a quel fico, maledetto per lui e sacrosanto per tutti. Tentò quindi di assoldare un artigiano munito di sega rotante e impersonato da un improbabile Lucio Dalla, ma questo si rifiutò perché, a suo dire, l’albero lo avrebbe salvato dal tifo. Cercò di bombardarlo chiedendo aiuto ad un ex aviatore che si credeva D’Annunzio, ma anche in questo caso ebbe poco successo. Solo con l’Apparizione della Santa, il barone Anteo sarebbe cambiato profondamente.

Nel frattempo, Paolo Villaggio interpreta un piccolo magnaccia che controlla due prostitute. Come questa avventura si possa intrecciare con quella del barone, si può spiegare solo tramite un grande fraintendimento: una delle donne era, infatti, molto simile alle rappresentazioni della Santa.

La comicità di Tognazzi, e lo si vede anche da tanti altri film, in primis Amici Miei, è amara. Non è priva di pensieri, è ricca di malinconia, il che lo rende un autore totalmente sui generis. La pellicola ruota sostanzialmente attorno a lui, e se nella prima parte è bravissimo a fare il permaloso, nella seconda la sua espressione è tipica dell’uomo disperato, di chi si rende conto di aver sbagliato la propria vita, conferendo al film un valore ben al di sopra di quello effettivo. Per il resto, rimandiamo al paragrafo di apertura: non è il film migliore del mondo, anzi. Forse è anche giusto che ci si dimentichi della sua esistenza. Ci sono centinaia di pellicole italiane migliori. Però… c’è sempre un però: si può perdere un Tognazzi del genere? Non crediamo.

A cura di Alessandro Randi