La fisarmonica di Lubo
Lubo ha un carro, una famiglia ed una passione che è anche il suo lavoro: si esibisce per i paesi del Canton Grigioni donando un po’ della sua arte per qualche moneta, facendo sorridere bambini e adulti. Lubo è un nomade, uno jenisch nella Svizzera del 1939. Chiamato per servire militarmente quella che ufficialmente è la sua patria, al freddo delle montagne scopre che la moglie è stata uccisa da dei gendarmi, mentre i figli sono stati strappati alla famiglia per essere ricollocati in istituti che li trasformino in persone adatte alla società del tempo.
Inizia in questo modo il viaggio di Lubo (Franz Rogowski), che diserta per trovare i responsabili della sua tragedia ed i suoi figli. Dà alle fiamme il suo carro, ultimo ricordo fisico di una famiglia smembrata, e parte. Per dove non si sa, l’importante è seguire il suo scopo.
Giorgio Diritti, dopo Volevo nascondermi (2020), con un meraviglioso Elio Germano nei panni del pittore Antonio Ligabue, sceglie di adattare il romanzo Il seminatore di Mario Cavatore. Spiega il regista: «La lettura del romanzo Il seminatore di Mario Cavatore mi ha svelato vicende poco conosciute accadute in Svizzera per cinquanta anni, portandomi a riflettere sul senso di giustizia, sulle istituzioni, sul senso dell’educare e dell’amare. Ne è nato il film Lubo, da cui nello svolgersi degli eventi emerge quanto princìpi folli e leggi discriminatorie generino un male che si espande come una macchia d’olio nel tempo, penetrando nelle vite degli uomini».
Franz Rogowski, in Lubo, risplende: è grazie alla sua esemplare interpretazione che le tre ore di film proseguono senza particolari intoppi. Il Lubo di Rogowski è affascinante, magnetico, è un uomo con una propria morale disposto a commettere azioni indicibili per seguire il proprio fine. Si maschera, plasma e modifica la propria immagine con una facilità degna di un artista di strada come lui. Quando perde la propria strada, immerso in una società che non gli appartiene, gli basta tornare con i ricordi ad una fisarmonica lontana nel tempo.
Girato tra Svizzera, Piemonte, Alto Adige e Trento, Lubo vuole essere un racconto di denuncia di una storia quasi sconosciuta, unendo le vicende individuali di un uomo tormentato ad una tragedia collettiva. Se l’intento inizialmente viene seguito in modo chiaro e coinvolgente, più avanti Diritti sembra scordarsi il motivo per cui Lubo viaggia, cambia identità e lingua, soffermandosi sulla vicenda personale del protagonista per tralasciare in parte il dramma del suo popolo.
A cura di Claudia Maria Baschiera