Marie Antoinette: We want candy
La palette color pastello di Sofia Coppola ci introduce in un mondo dove Kirsten Dunst è la Maria Antonietta dei nostri giorni, che, appena arrivata dall’Austria alla corte di Francia, viene descritta come una bambina a cui piace lo strudel. Ed eccoci subito a Versailles, il luogo dei riti, dello sfarzo e dello spettacolo in cui questo coming of age prende forma e si estingue come la reggia stessa, che ospitò gli ultimi sovrani dell’ancien régime prima della Rivoluzione.
Quasi vent’anni di storia sono racchiusi nei colorati pasticcini dei vassoi delle dame, nei fiumi di champagne delle feste infinite e nel volto di porcellana della regina degli scandali. Ma c’è di più (o di meno): il film diventa presto un prodotto ibrido tra il genere storico e il teen movie con indizi anacronistici che sorprendono e deliziano lo spettatore più attento (un paio di converse, la musica pop…). Il personaggio viene così destoricizzato, reso specchio delle insicurezze e dei desideri di ogni ragazza adolescente di questi tempi (festeggiare il diciottesimo fino all’alba, ad esempio).
Maria Antonietta vive in un mondo tutto suo, nella totale alienazione esistenziale che fa parte della crescita e che la regia trova il modo di esprimere con delicatezza. La maternità e la maturazione della regina, nella seconda parte del film, corrispondono poi anche ad un cambio del suo gusto: in un abito bianco passeggia in giardino, circondata dalla natura e in compagnia della propria bambina. Niente eccentriche o bizzarre pettinature.
Siamo dunque lontani dalle messe in scena della corte, ma forse il paesaggio ora ci ricorda il set di uno shooting di Vogue. La magnifica fotografia di Lance Acord (Lost in translation, Adaptation, Being John Malkovich) illumina gli interni decorati e gli esterni soleggiati fluttuando sugli eventi e traendone immagini patinate e artefatte. Il film, girato nel 2006, prelude infatti ad un tipo di estetica instagrammabile: le stories di un gruppo di amici che gioca a “Chi sono?”, le nuove esperienze, la musica over che accompagna gli avvenimenti come in un videoclip.
Ed infine la crisi, la Rivoluzione di cui ci accorgiamo solo quando sfonda la soglia della reggia con la sua folla inferocita. L’età contemporanea ha inizio, la regina fa un inchino: i tempi delle feste sono finiti. I sovrani si sorridono a bordo della carrozza che li condurrà al patibolo, lei pronuncia il suo addio e la camera nuziale è in frantumi. Ma nel nostro immaginario Maria Antonietta sguazza ancora come una mosca nello champagne.
A cura di Emma Onesti