Memorie di famiglia
Dopo aver presentato in concorso alla Mostra del Cinema i suoi precedenti lavori Nuevo orden (2020) e Sundown (2021), il regista messicano Michel Franco chiude la tripletta veneziana con Memory (2023). Il film, ambientato in una grande città degli Stati Uniti, ha al suo centro il personaggio di Sylvia (Jessica Chastain), un’assistente sociale che vive con la figlia. Il titolo, dalle molteplici valenze, sembra però richiamare direttamente al co-protagonista, Saul (Peter Sarsgaard), ex-compagno di liceo conosciuto in maniera fortuita a una festa di ritrovo tra studenti.
Saul soffre infatti di demenza e spaventa in un primo momento Sylvia pedinandola fino a casa. I fraintendimenti (soprattutto legati al passato) si risolvono fortunatamente in maniera positiva: è Sylvia infatti ad essere caduta in errore a causa di ricordi resi confusi dall’abuso di alcol che ha segnato la sua adolescenza. Gli strascichi della dipendenza passata si ripercuotono sul presente con un rapporto molto restrittivo sulla figlia e un legame compromesso con la madre e la sorella. Nonostante le reciproche difficoltà, i due decidono comunque di continuare a trascorrere del tempo assieme ma gli ostacoli da superare sembrano essere molteplici.
Se Sundown tematizzava, forse in maniera sin troppo didascalica, una piaga grave come la depressione legata a una malattia terminale, Memory lavora senza dubbio in maniera rispettosa e attenta tanto nel presentare la demenza di una persona relativamente giovane quanto nel delineare il percorso di riabilitazione (anche psicologico) legato all’alcolismo di una madre. Franco è abile a intessere i fili di una vicenda lineare che si dispiega progressivamente, lasciando scena dopo scena allo spettatore il compito di rimettere i tasselli irrisolti al loro posto.
Il personaggio di Sylvia è eccessivamente drammatico: madre precoce di un padre ignoto, o volutamente mai menzionato, deve affrontare tanto la dipendenza da alcol, con gli strascichi che si porta con sé, quanto la risoluzione del rapporto con la propria famiglia, che risulta fortemente compromesso dagli abusi subiti dentro e al di fuori delle mura domestiche in età scolare. Con premesse così problematiche a cui si aggiunge il vissuto di Saul, l’impressione complessiva sull’opera è sì positiva ma forse un poco edulcorata. Oltre alle buone performance attoriali, Memory si segnala come un ottimo film sulle famiglie disfunzionali e sulla normalizzazione attraverso il racconto di malattie diffuse di cui si sente la necessità di parlare.
A cura di Andrea Valmori