Notte Fantasma: film di nicchia
Avete presente quando, guardando un film, vi pervade la strana sensazione di aver già visto quel volto da qualche parte? Vi date di gomito con chi vi sta a fianco e gli dite: «Ma quello lì è quello di…?», e lui vi risponde: «Ma chi?». «Dai, quello lì… il protagonista… dov’è che l’ho già visto?», e trascorrete la successiva ora e mezza a rimuginare su tutto ciò che avete visto nella vostra vita, fino a quando… eureka! E vi alzate scattanti dal divano gridando: «Ecco chi è! È quello di Romanzo Criminale!». Ad alcuni capita anche al cinema, completamente dimentichi della presenza di altre cinquanta persone all’interno della sala. A essere oggetto del dibattito interiore dello spettatore, questa volta, è Edoardo Pesce, il cui nome probabilmente continua a risuonare anonimo, perciò, per farci capire, sfrutteremo un cliché: Edoardo Pesce a.k.a. uno dei due fratelli Buffoni della serie Romanzo Criminale.
C’è un altro spunto che la serie qui sopra citata ci offre, prima di passare al film. È un racconto di Francesco Montanari, cioè il Libanese, che, in un’intervista ha parlato delle difficoltà avute dopo il successo di Romanzo Criminale. Nemmeno un provino per i successivi otto anni, perché tutti i produttori ritenevano impossibile scindere il suo volto da quello del boss della Banda. Ma, effettivamente, che fine hanno fatto gli altri? Vinicio Marchioni si è dato al teatro e solo dopo molti anni è tornato sul grande schermo; Alessandro Roja ha avuto più successo, è vero, ma nessun ruolo è paragonabile al Dandi; Daniela Virgilio? Non pervenuta. Marco Bocci? Non pervenuto. Così come tanti altri e tra questi tanti altri finisce, inesorabilmente, anche Edoardo Pesce.
Il film inizia allo stesso modo di Sulla mia pelle. Si ha proprio la sensazione di trovarci di fronte ad una pellicola analoga e quindi si è un po’ delusi, perché appunto non è nulla di nuovo. Tuttavia, suona un po’ strano vedere un attore che ha interpretato un membro della Banda della Magliana in Romanzo Criminale e Giovanni Brusca ne Il Cacciatore fare il poliziotto. E infatti, il film si rivela totalmente diverso da quello su Stefano Cucchi. Diventa un vero e proprio thriller, in cui l’agente mostra sempre maggiori segni di squilibrio e quella che iniziava come una storia vera si trasforma rapidamente in un racconto da film. Edoardo Pesce ha un tempismo nelle battute eccezionale, da attore che proviene direttamente dalla strada e che conosce perfettamente il modo di dialogare di un romano. Il suo coprotagonista Yothin Clavenzani è ancora un po’ immaturo e manca in alcuni casi di espressività, ma è bravo a mostrare l’incertezza sul da farsi in alcune occasioni. La regia è innovativa, particolare per il cinema italiano: molti piani sequenza, molti frame sfocati, tanti primi piani, diversi dolly.
Il film è, tutto sommato, una visione piacevole. Forse non vincerà a Cannes, però rimane qualcosa di particolare ed inesplorato nel panorama cinematografico italiano.
A cura di Alessandro Randi