Una vicenda umana 

Una bandiera italiana sfilacciata sventola con veemenza al vento, poi il calare della notte dove è la luce della luna a rivelare i corpi di chi sta lottando per la sopravvivenza e di chi purtroppo non ce l’ha fatta. Sono queste le immagini scelte da Maurizio Zaccaro per aprire Nour, alle quali fa seguito la voce inconfondibile di Sergio Castellitto: “Ho visto di tutto, qui, a Lampedusa”.

La figura di Pietro Bartolo di nuovo, dopo Fuocoammare di Gianfranco Rosi, al centro di un lungometraggio che racconta Lampedusa, la sua isola in cui tanto crede. La sua missione, non tanto lavorativa ma più umanitaria, è quella di aiutare i tanti, troppi, migranti che ogni giorno “vivono per pagarsi la morte”, arrivando in Italia con la speranza di un futuro diverso. Tra le tantissime persone che passano, il medico incontra Nour, una ragazzina siriana reduce da un passato familiare complicato e in cerca della madre, rimasta nella terra d’origine. Il nome della piccola che significa “luce” dà il titolo al film, indicando la scelta di speranza e umanità che Zaccaro sceglie e che viene rafforzata dalla convincente performance di Linda Mresy, notata dal regista nel cortometraggio Bismillah diretto da Alessandro Grande nel 2018.

Un film di grande sensibilità ed eccellente per la fotografia di Fabio Olmi, figlio di Ermanno (maestro e carissimo amico di Zaccaro) caratterizzata da lunghe e suggestive inquadrature e silenzi profondi che ci portano a immedesimarci tanto con il medico quanto con la giovane ragazza, condividendo con lei ansie e paure ma anche la grandissima forza di reagire. Quello che colpisce di più è forse però il fatto che Nour siano completamente assenti colpevolizzazioni o accanimenti: come confessa Bartolo, infatti, nessuno sa veramente con chi prendersela. Anche i personaggi negativi sono ritratti con rispetto e non viene mai assunta la posizione moralista che sarebbe stato sin troppo semplice assumere.

Ed è proprio qui forse che il regista vuole arrivare, portando a riflettere sul fatto che, in fondo, siamo noi i primi a girarci dall’altra parte davanti a una richiesta d’aiuto. Nour non rifiuta o banalizza la complessità e l’intima drammaticità della storia che racconta preferendo una via delicata, tenue e dialettica nell’inoltrarsi in una delle frontiere, morali e fisiche, più calde della contemporaneità.

A cura di Alice GiussaniAndrea Valmori