Okja: l’incomunicabilità di due mondi

Okja è un film di fantascienza, ma è quanto di più realistico si possa immaginare: in un futuro imprecisato, in un pianeta stremato dall’uomo e dalle sue scelte, per far fronte alle richieste di produzione vengono creati in laboratorio dei super maiali. Ad occuparsene è la multinazionale Mirando, ora guidata da Nancy Mirando, infantile e folle, interpretata perfettamente da Tilda Swinton. I super maiali vengono mandati ad allevatori diversi sparsi per il mondo, tra cui il nonno di Mija, giovane protagonista di questa avventura. Ognuno di loro avrà il compito di allevare il maiale che gli è stato affidato per dieci anni provando a vincere il concorso,  ma, scaduto il vincolo temporale, diventeranno tutti carne da macello.

Okja cresce quindi nelle montagne della Corea del Sud insieme a Mija e al nonno. Capiamo subito che non è un animale qualunque e che ha stretto con Mija un rapporto speciale. Tra le due c’è un legame forte, quello tra una bambina e una creatura dall’aspetto mostruoso e dall’intelligenza umana. Sequenze luminose, sgargianti, significative sia visivamente che emotivamente accompagnano gli occhi per tutta la visione della pellicola, mantenendo viva l’attenzione dello spettatore in un sapiente gioco di musiche ed effetti sonori. Significativa, tra le scene iniziali, la sequenza in cui Mija rischia la vita cadendo da una burrone: la bambina viene salvata da una coraggiosa e intelligentissima azione di Okja, in un coinvolgente climax tensivo. La missione di salvataggio che Mija intraprende per riportare Okja sulle montagne è segnata da imprevisti e incomprensioni, rappresentando soprattutto lo scontro tra due mondi agli antipodi, simbolicamente esemplificato dal bilinguismo del film. L’incomunicabilità tra due mondi diventa così il tema chiave: c’è il linguaggio delle montagne, di Okja e di Mija, e c’è il linguaggio della città, del profitto, delle multinazionali. Due lingue, due posizioni, due mondi completamente  opposti che non parlano tra loro e sembrano non avere punti in comune. L’incapacità di capirsi e la volontà di non farlo è un tema scottante (e anche molto attuale) che passa con forza coerentemente tanto dal piano narrativo, quando le parole di Mija vengono tradotte male di proposito, tanto da quello simbolico.

Infine, al termine dell’avventura, è Mija stessa a fare un passo verso di noi e parlare nella nostra lingua (l’inglese), a scendere a patti con la necessità di colmare quel vuoto ed è così, quindi, che Bong Joon-ho ci lascia: con l’amaro in bocca, o meglio, con una triste consapevolezza. Infatti, anche se la “favola moderna” finisce bene e Mija e Okja tornando sulle montagne insieme, la missione è riuscita grazie ad un compromesso: Mija ha pagato in oro Okja per riportarla a casa e il Fronte di Liberazione Animali non è riuscito a dare il colpo di grazia alla Mirando. Gli altri maiali sono rimasti nel recinto, uniti ad Okja in un grido di dolore straziante.

A cura di Agnese Graziani