Old Henry: il ritorno di una leggenda del Far West
Il western, malgrado non sia più un genere mainstream come lo era stato in passato, non smette di regalarci film emozionanti e molto validi. Genere sul viale del tramonto, rimane perfettamente adatto a rivelare la natura dell’America e del popolo americano, di ieri e di oggi. Genere edificante del cinema statunitense, è capace di rappresentare l’indole della sua gente – come ha puntualizzato l’attore Tim Blake Nelson durante un’intervista: «Noi americani siamo individualisti per natura, desiderosi di voltar le spalle alla legge».
La storia di Henry (interpretato da Tim Blake Nelson, noto per le sue collaborazioni con i fratelli Coen) è quella di un padre che, insieme al figlio e al cognato, dedica la sua vita alla gestione di un ranch per ottemperare ai suoi doveri di contadino. È un vedovo e un padre di famiglia che nasconde un passato misterioso. Non vuole più fare i conti con i pericoli del mondo esterno, preferendo invece il controllo dello spazio limitato attorno al suo ranch, circondato da meravigliose distese di campi di grano.
Quando padre e figlio vedono all’orizzonte un cavallo bianco senza padrone pensano si tratti di un brutto segno. Henry trova un uomo svenuto, in fin di vita, e una borsa piena di soldi; vorrebbe lasciare stare, ma è una persona cambiata e non può lasciare morire un uomo. Un presunto sceriffo, capo spietato di una banda di rapinatori, e i suoi aguzzini sono sulle tracce di quella borsa. Per Henry e suo figlio Wyatt sarà l’inizio di una catena di pericoli da affrontare.
È evidente che, per quanto il film abbia uno sviluppo tendenzialmente classico e tradizionale, esso si ponga come un western atipico, centrato sulla chiusura, piuttosto che sull’apertura, verso la scoperta di nuovi orizzonti. Proprio per questo motivo, la messinscena semplicissima e spoglia presenta poche location e pochi volti, rispetto a ciò a cui i film di genere ci hanno abituato. Non per questo motivo la pellicola deluderà le aspettative dello spettatore, poiché le sequenze d’azione e le sparatorie, frutto di una buonissima prova registica di Potsy Ponciroli, sono girate in modo abile, in grado di elevare il grado di coinvolgimento, esibendo una violenza cruenta capace di intrattenere e di divertire.
La regia sceglie volutamente di non mostrare campi lunghissimi per rimirare le sconfinate praterie, le valli, i deserti. Perché il contenuto che viene approfondito in Old Henry non tanto è la confusione spirituale di uomini che si ritrovano a vagare senza regole per immensi spazi “vuoti”, bensì il suo cuore risiede nel rapporto tra padre e figlio; i rapporti familiari che si svolgono all’interno delle mura di casa. Henry vuole proteggere suo figlio costringendolo a una reclusione insensata ma il male non può essere evitato. Il male non è un fenomeno distruttibile; è un fenomeno che bisogna essere in grado di combattere, in ogni occasione. Ci si può allontanare da esso, ma troverà sempre il modo di venirci a scovare.
Il risultato di Old Henry è quello di un western crepuscolare e ben congeniato che attinge da personaggi noti nel vecchio West, come Billy the Kid. Henry nasconde un segreto a tutti, anche a suo figlio. Non si tratta di menzogne o di falsità, ma di aver raccontato soltanto una parte di verità. Un segreto come ce l’abbiamo tutti, un segreto che rappresenta la nostra intimità e il dolore profondo per ciò che si è commesso in passato: «Non credo nella redenzione, ma nel potere consolatorio di crescere un figlio», dirà il nostro protagonista esternando al pubblico tutto l’amore, la bellezza e il grande coraggio di diventare un genitore, padre di famiglia, malgrado questo mondo ostile e violento.
A cura di Matteo Malaisi