Il Prometeo del Novecento: Oppenheimer secondo Nolan
Con la distruzione di Hiroshima e Nagasaki i fisici conobbero il peccato. È la frase epigrammatica con cui nel 1948 J. Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, commentò l’olocausto nucleare che cambiò per sempre il mondo.
Come aveva già fatto in Dunkirk, con Oppenheimer Nolan sceglie di raccontare la grande Storia e lo fa attraverso un gruppo minimo di individui al cui vertice spicca il celebre fisico statunitense. Interpretato da un magistrale Cillian Murphy, Oppenheimer è una personalità sfaccettata, protagonista della comunità scientifica internazionale ma anche «donnaiolo, sospetto comunista, instabile, teatrale, egocentrico e nevrotico» – così lo descrive Leslie Groves, il comandante militare del noto Progetto Manhattan.
Tra tormenti ed eccitazioni, allucinazioni e deliri, lo spettatore viene sin da subito proiettato nella mente del protagonista, in un’infinita reazione a catena scandita da un uso sapiente delle musiche: un plauso in tal senso va al lavoro di Ludwig Göransson e alle scelte di Nolan, che riesce a fare della parte sensoriale la grande protagonista della pellicola, ragionando sull’audiovisivo alla sua massima espressione (IMAX, pellicola 70 mm, Dolby Surround).
Connotato da una forte marca autoriale e tematica, il cinema di Nolan ha visto in più occasioni punti di incontro tra biografia e narrazione di finzione. Anche Oppenheimer viene scelto dal regista come una delle tante figure su cui costruire un proprio doppelgänger. All’interno della pellicola assistiamo infatti al riproporsi di un rapporto di collaborazione-sudditanza con il fratello (The Prestige), alla riflessione sull’importanza della compagna nel successo della vita lavorativa (Inception), al tema della difficoltà dei genitori nel provare amore verso i figli (Interstellar).
Oppenheimer riesce però a porre anche una questione morale, legata al futuro dell’umanità. Fin dall’inizio del film, il fisico viene infatti accostato a un grande “peccatore”, Prometeo, il cui mito persiste lungo tutta la tradizione occidentale, dalle sue origini pre-elleniche fino all’età moderna. Eschilo scrisse che l’unico torto di Prometeo fu quello di «agire in favore degli uomini»: egli infatti, spinto dalla sua philanthropía, si oppose alla volontà di Zeus e salvò la schiatta dei mortali. Oppenheimer, eroe moderno di cui ripercorriamo l’epopea, sembra invece ribaltare la prospettiva: anch’egli pecca di hybris ma si fa «Morte, il distruttore di mondi» e suggerisce così allo spettatore una riflessione sui limiti del progresso, sul rapporto tra scienza e politica e sui drammi del Novecento.
Se già negli anni Sessanta, in piena guerra fredda e dopo i moniti degli studiosi, la società rifletteva sull’esistenza di una minaccia planetaria sempre meno controllata, oggi la situazione non sembra essere cambiata di molto e gli uomini proseguono pericolosamente lungo un crinale stretto e scivoloso.
A cura di Mattia Rizzi e Andrea Valmori