Ritratto della giovane in fiamme: la forza dell’intersezione tra forme artistiche diverse

Il cinema è un medium incredibilmente versatile, ed all’interno di un’opera cinematografica possono confluire altre forme artistiche, come la musica, la fotografia, o la scrittura. In Ritratto della giovane in fiamme, in particolare, la regista Céline Sciamma si lascia influenzare dalla pittura e con maestria imprime sulla pellicola immagini ed effetti solitamente associati alla tela.

Marianne è una pittrice incaricata da una contessa di realizzare il ritratto di Heloise, sua figlia, ma di nascosto, ossia fingendosi una dama di compagnia, per osservare la ragazza e poterla poi disegnare a memoria. Marianne la riempirà di sguardi durante le loro passeggiate, fino a riuscire a completare il ritratto. Heloise, saputa la verità, non la prenderà bene, convincendo la pittrice a rifare il ritratto daccapo per trascorrere più tempo assieme, stavolta senza la sorveglianza della madre. Le due, sole se non per la presenza di una serva, finiranno per intraprendere una storia d’amore che sanno avere i giorni contati: concluso il ritratto, infatti, Marianne dovrà andarsene.

Ciò che fa sì che un’opera con questo soggetto, con diversi spunti interessanti ed originali ma indissolubilmente legato alla tradizione dei film drammatico-sentimentali, possa essere considerato un capolavoro, è l’originale messa in scena, in cui pittura e cinema si legano con una forza mai vista prima.

Nella pellicola si lascia infatti molto potere alle immagini: le battute sono pochissime per un film di due ore, ed i primi dieci minuti ne sono completamente privi. Per tutto lo svolgersi della vicenda, il vero motore della trama sono i piccoli dettagli, come gli sguardi fuggitivi delle due protagoniste o le brevi pause tra una frase e l’altra, piuttosto che gli avvenimenti stessi. Spesso infatti non è ciò che è stato detto in una scena ad essere importante, ma ciò che non viene detto. Basti pensare al momento in cui Heloise chiede a Marianne se abbia mai conosciuto l’amore: quello che veramente colpisce della scena non è tanto la risposta affermativa della pittrice, quanto gli sguardi di entrambe, che per un attimo si incrociano per poi allontanarsi. Un altro esempio lampante è dato nella prima parte della pellicola: Marianne osserva i bozzetti realizzati per il ritratto e si sofferma su uno in particolare che raffigura le labbra di Heloise. Protagonista della scena non è l’avvenimento, ma le sue sottintese motivazioni, che in questo caso sono, probabilmente, sia la difficoltà da parte della pittrice di cogliere il sorriso della ragazza, sia la sua oramai malcelata attrazione nei suoi confronti.

Oltre a questi dettagli, legati comunque all’immagine in movimento, la direzione della fotografia prende ispirazione dall’ambito più prettamente pittorico. In questo senso, già una delle prime scene del film ci offre un esempio perfetto: la cinepresa indugia, per almeno mezzo minuto, su Marianne, seduta davanti al fuoco, nuda, con le due tele di fianco al camino ad asciugarsi. L’equilibrio compositivo è evidente, come d’altronde la posa statica e i giochi di luce e di ombre che vanno a crearsi. Il film è pieno di scene del genere, che grazie ai colori limpidissimi e ai contorni chiari, netti, dati dalla direzione di Claire Mathon (che ha lavorato anche alla fotografia di Spencer), potrebbero essere incorniciate ed esposte in una galleria d’arte. Non si tratta solo di fotogrammi, però: la regia si sofferma infatti su particolari e situazioni in cui i personaggi si pongono in maniera tale da creare un incredibile equilibrio, senza tuttavia mai scadere nell’artificialità.

Un’altra forma d’arte che svolge un ruolo importante nella pellicola è certamente la musica, ma non per la sua presenza. Il film ne è infatti quasi completamente privo, e spesso si sentono solo rumori ambientali, che siano il crepitio del fuoco, o il fragore delle onde, o il cigolio delle assi del pavimento. La musica compare solo in tre scene, importantissime, e solo un brano è originale: un coro eseguito a cappella da una decina di popolane attorno ad un falò. Il canto delle ragazze risulta estremamente emozionante, tanto per i personaggi quanto per il pubblico, considerando, oltre alla sua straordinaria intensità, il fatto che arriva dopo un’ora di film quasi completamente senza musica.

Ritratto della giovane in fiamme è un’opera peculiare, che, al netto di un soggetto non senza qualche luogo comune, riesce a sorprendere con una messa in scena estremamente originale e coniuga il cinema con la pittura, dando inoltre un’estrema importanza alla musica, dosata col contagocce durante tutta la pellicola.

A cura di Francesco Colombo