Il lato spirituale di Martin Scorsese

Molto spesso non ci si rende conto della vastità della filmografia di Martin Scorsese. Quando si sente il suo nome, i primi pensieri vanno a capolavori del calibro di Toro Scatenato, Taxi Driver, Quei Bravi Ragazzi, Cape Fear, Shutter Island e The Wolf of Wall Street. Nondimeno, il regista conta all’attivo ben venticinque lungometraggi, spesso dai titoli sconosciuti al grande pubblico. Qualcuno tra i non addetti ai lavori potrebbe dire che un film dal titolo L’ultima tentazione di Cristoporta la firma del regista italo-americano? Non ne siamo così sicuri. Però, se si ha il desiderio di immergersi nelle pellicole meno conosciute, si potranno trovare tematiche che fanno comprendere l’enorme ecletticità del regista. Tra queste, la sua fede cristiana.

Anche Silence, almeno in Italia, uscì al cinema senza fare rumore. Prendiamo, per un attimo, la pellicola successiva, The Irishman. Per l’uscita di quest’ultimo, l’attesa era spasmodica. Le prime immagini giravano su internet già due anni prima: da De Niro con le scarpe rialzate per sembrare più alto, a Joe Pesci che parla un italiano masticato per testimoniare la sua provenienza sicula. Insomma, il pubblico sapeva tutto di quel film. Chiaramente, si tratta di case di produzione diverse, di generi diversi, di attori diversi, eccetera, eccetera. Tuttavia, non pensiamo ci sia mai stato un regista della caratura di Scorsese che presentasse una disuguaglianza così grande nel clamore per ogni pellicola.

Come accennato, Silence si colloca in un trittico cristiano, preceduto da L’ultima tentazione di Cristo e Kundun, che porta alla creazione di una leoniana Trilogia della fede, in cui si narrano le difficoltà di mantenere la propria religiosità di fronte al male.

Siamo in Giappone del XVII secolo, in un periodo che, secondo la storiografia giapponese, è definito Tokugawa. Il Padre gesuita Cristóvão Ferreira (Liam Neeson), partito dal Portogallo per professare il Verbo del Signore in ogni angolo della terra, è messo eufemisticamente a dura prova dalle sevizie e torture perpetrate ai cristiani dalle autorità giapponesi. Due giovani Padri, Sebastião Rodrigues (Andrew Garfield) e Francisco Garupe (Adam Driver), cresciuti sotto l’ala protettiva di Ferreira, decidono di partire per la terra del Sol Levante quando le lettere di Ferreira si interrompono. La loro missione iniziale è quella di cercare la loro guida, accertarsi che non sia morto o che non sia stato torturato dalle autorità, ma appena sbarcati in Giappone, si imbattono in un piccolissimo villaggio di cristiani, che predicano in gran segreto la religione proibita. La gioia negli occhi della piccola comunità alla visione dei due giovani Padri è indescrivibile, così come la preoccupazione in quelli dei due portoghesi al racconto delle torture che si possono subire se si viene scoperti. I racconti su Ferreira sono frammentati: la maggior parte della gente non sa nulla, alcuni lo hanno incontrato tanti anni prima, ma la voce che gira è che abbia abiurato e ora sia sposato con figli. Rodrigues e Garupe non ci credono, o meglio, non vogliono crederci, perché se anche la loro Guida Spirituale ha perso la fede, che speranza hanno loro? Molto presto, anche il piccolo villaggio verrà scovato e messo a ferro e fuoco, con torture e uccisioni disumane; tuttavia, i due Padri scopriranno che la loro religiosità è tutt’altro che vacillante; anzi, è la loro unica salvezza.

Per ambientazione, ordine religioso dei protagonisti ed epoca storica, il film può risultare molto simile a Mission, il capolavoro di Roland Joffré, che raccontava il viaggio missionario di alcuni gesuiti in America Latina. Nondimeno, con lo sviluppo della storia, ci si rende conto che Silence è un film molto più intimo e spirituale, quasi un dialogo interiore dello stesso regista, che tenta di mettere alla prova la sua fede mostrando le spietate cattiverie di un tempo, al posto di provarle sulla sua pelle. Il talento di Andrew Garfield è la vera sorpresa attoriale del film, perché, se anche lo spettatore arriva a porsi delle domande, è grazie alla sua bravura e alla sua espressività. Infatti, per prepararsi al ruolo, l’attore si buttò corpo ed anima nello stile di vita gesuita, perdendo addirittura 18 Kg. Anche Adam Driver è irriconoscibile per la sua macilenza, avendone persi ben 22. Driver, all’inizio del film sempre in coppia con Garfield, piano piano è ripreso sempre meno, fino a sparire totalmente, per poi tornare in una scena emotivamente straziante. D’altra parte, una cosa che sorprende è l’apparente distacco che crea Scorsese con la fotografia: le autorità giapponesi non vengono rappresentate come il male assoluto, anche se quello che fanno è il male assoluto. L’idea che muove l’Inquisitore e i Samurai è che il Giappone non è terra per il cristianesimo. Fine della storia. E, conoscendo la determinazione nipponica, l’approccio che ne consegue è storicamente molto accurato.

Insomma, se avete tempo, aprite la filmografia di Scorsese, chiudete gli occhi e con l’indice puntatene uno a caso. Vi assicuriamo che non sarà mai una perdita di tempo. Anzi, perché non provate a partire proprio da Silence?

A cura di Alessandro Randi