The Fabelmans: la vita fiabesca di Steven Spielberg
Steven Spielberg riesce finalmente, dopo anni di travaglio, a restituirci l’opera più personale della sua intera filmografia, trasmettendo nuovamente agli spettatori di tutto il mondo, adulti e bambini, la bellezza del cinema e l’idea che esso sia un sogno magnifico di cui dobbiamo continuamente nutrirci. Perché il suo cinema, come è riassunto perfettamente in The Fabelmans, è stato proprio questo: l’occhio attraverso cui si possono cogliere nuove verità sulle nostre vite; verità spesso dolorose, ma pur sempre stimoli per apprendere, crescere e diventare grandi. Il suo cinema è una sensazionale fiaba che unisce il mondo dei grandi a quello dei più piccoli.
Sam Fabelmans, all’età di sei anni, si siede su una poltrona di un cinema insieme ai suoi amorevoli genitori e rimane folgorato da un treno che travolge un’auto sui binari: l’inizio del cinema di Spielberg pare coincidere con quello tanto celebre per la Storia stessa del cinema. Sam cresce circondato dall’amore dell’affettuosa madre Mitzi (Michelle Williams), pianista di professione, da quello del padre Burt (Paul Dano), ingegnere elettronico, e da quello delle tre sorelle: la famiglia è un luogo tanto sicuro quanto perturbante, come verrà mostrato nel film. Qualcosa sembra incepparsi nei rapporti familiari e, proprio grazie ai filmati di famiglia, girati da Sam con una telecamera in 8mm e 16mm, il ragazzo scopre un presunto tradimento della madre con un amico dei suoi genitori.
Nel frattempo, Sam cresce senza abbandonare la sua passione; gira i primi cortometraggi e incontra i primi amori: The Fabelmans, infatti, è un film sul cinema e sulla quotidianità della vita, realizzato con strepitosa capacità probabilmente dal miglior regista vivente. Nell’ottica di Spielberg, dunque, il cinema, è il mezzo perfetto per comprendere la realtà che ci circonda e comprendere sé stessi. Emblematica la scena in cui, dopo la proiezione del filmato dei giochi estivi, il “bullo” della scuola prende in disparte Sam per rimproverarlo di averlo dipinto come gli altri lo vedono, un macho, un maschio alfa senza fragilità, poiché si rende conto di quanto voglia respingere quella versione falsa di sé stesso, rivelando come ognuno di noi sia alla ricerca del benessere legato all’autenticità, alla verità, al riuscire a comunicare realmente chi siamo.
The Fabelmans è un viaggio emozionante e fiabesco che si immerge in un flusso di generi alterni, dalla commedia al melodramma fino ad arrivare al western, dato che la famiglia, a bordo di una station wagon, cavalca le strade da East verso West per far fronte all’esigenze lavorative del padre. Magnifica la scena dell’incontro tra Sam e John Ford (regista per eccellenza del genere western), interpretato magnificamente dal maestro David Lynch, che ci regala un siparietto divertentissimo da standing ovation.
Splendida la fotografia di Janusz Kaminski e le musiche del sempre immenso John Williams. Impressionate l’interpretazione di Michelle Williams, non da meno quella di Paul Dano, anche se colui che sorprende più di tutti è il protagonista classe 2002 Gabriel LaBelle, che ha realmente imparato a girare in 8mm e 16mm.
The Fabelmans è una lezione di cinema allo stato puro, poiché è comprensibile quanto in esso sia evidente la materia dell’invisibile, rappresentata maggiormente dalla sofferenza taciuta della madre: attraverso gli istanti filmati da Sam (Spielberg) è così chiaro il suo disagio interiore, indicibile, invisibile, insondabile, ma così percepibile e concreto grazie alla potenza rivelatrice delle immagini.
A cura di Matteo Malaisi