Blu e rosso: il tocco di Céline Sciamma 

In viaggio verso il nuovo appartamento, Laure prova a guidare assieme al padre ed è felice nonostante i continui traslochi. L’incontro con Lisa le dà la possibilità di essere qualcun altro o, per meglio dire, di essere chi realmente vorrebbe essere. Céline Sciamma sceglie due colori per dipingere il titolo, aprendo a due storie parallele e non a una duplicità irrisolta. Laure, infatti, non ha alcun dubbio su ciò che prova: è la realtà che la circonda a non poter accettare le conseguenze di una direzione scomoda. Tra il blu di una cameretta e il rosso di un laccio, il tocco della regista sorprende per la sensibilità unica in una narrazione profonda ed essenziale.

Tomboy può essere reso con il dispregiativo “maschiaccio”, traduzione italiana che illumina su quello che viene effettivamente raccontato e in parte denunciato durante il corso del film. Sciamma decide di riflettere sulla delicata tematica dell’identità di genere prendendo un caso limite: la prepubertà. A differenza di Laure, Lisa ha già iniziato a sviluppare i primi cambiamenti corporei e così quella transizione delicata e problematica, quel passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza, viene lasciato fuori per concentrarsi su un momento, un’istantanea sull’interiorità.

Una nuova casa, un nuovo quartiere, una nuova scuola e quindi nuovi amici. Il doppio maschile, Michael, non nasce spontaneamente da Laure, è Lisa a chiederle il nome rivolgendosi verso quella che crede effettivamente essere un ragazzo. La protagonista non perde tempo a cogliere l’occasione non tanto di tentare un gioco di ruolo, ma di provare ad essere sé stessa. Inizia così un percorso tra ostacoli e segreti, con l’imbarazzo sempre presente e legato ad una sessualità nascosta o addirittura posticcia. Il fallo di pongo viene così riposto tra i denti da latte, simbolo di un’età che svanisce, aprendo le porte ad un futuro incerto.  

Dopo l’inconveniente avvenuto sul campo da gioco, la regista sceglie di mettere di nuovo Laure nelle braccia del padre. Una scena apparentemente secondaria si trasforma così nel punto in cui riassumere il senso dell’intera operazione: padre e figlia giocano a Famiglia, Laure da un lato si sfoga sul pollice mentre dall’altro accetta la birra dal padre che, anzi, non vede l’ora di insegnarle a giocare a poker. Blu e rosso, forse, non sono altro che due età, un passato e un futuro tra cui noi ci collochiamo vedendo pochi giorni di un’esistenza.

Lo sport, i vestiti e persino il semplice aspetto cromatico diventano simboli inequivocabili di una società inadeguata a vedere ed ascoltare, incapace di accettare il particolare. Sensibilità e realismo, le cifre del tocco, sempre più inconfondibile, di Céline Sciamma.

A cura di Andrea Valmori